lunedì 25 gennaio 2016

Antica Roma - Il MITO DELLE ORIGINI DI ROMA

Materiale di Storia per le Classi Quinte - Scuola Primaria


Lupa Capitolina

Premessa

La data della fondazione di Roma è stata fissata al 21 aprile dell'anno 753 a.C. (Natale di Roma) dallo storico latino Varrone, sulla base dei calcoli effettuati dall'astrologo Lucio Taruzio. I Romani chiamavano quel giorno AB URBE CONDITA e vi facevano iniziare il loro calendario.
Fu elaborato un racconto mitologico sulle origini della città e dello stato; il racconto ci è giunto con le opere storiche di Tito Livio, Dionigi di Alicarnasso, Plutarco e le opere poetiche di Virgilio e Ovidio, quasi tutti vissuti nell'età augustea.


Enea, Marte e la Lupa

Secondo il mito i Latini sono in qualche modo i discendenti di Enea, che come racconta Virgilio nell’Eneide, fuggì con parte del suo popolo dalle ceneri di Troia e approdato nel Lazio, vi si stabilì ed ebbe abbondante discendenza.
Suo figlio Ascanio (Iulo, per i Latini) fondò la Alba Longa sui colli Albani.


La città di Alba Longa, fondata da Ascanio
Ora, alcune generazioni dopo, ad Alba Longa accadde che il buon re Numitore fosse usurpato dal fratello malvagio, Amulio.
Il perfido Amulio infatti imprigionò Numitore e ne uccise la discendenza maschile, costringendo l'unica figlia superstite Rea Silvia a farsi vestale, titolo che le imponeva il voto di castità, così non si sarebbe potuta sposare e non avrebbe generato possibili rivali trono dello zio.

Rea Silvia, era una bella fanciulla. Un giorno ella si  addormentò distesa sulla riva del fiume Tevere: la ragazza non passò inosservata agli dei, visto che di lì a poco passò il dio Marte il quale la amò e da quella unione nacquero due gemelli, ai quali furono dati i nomi di Romolo e Remo.

Amulio, venuto a sapere del fatto, fece imprigionare  Rea Silvia e ordinò ad un suo servitore di ucciderne i figli, ma il servitore si impietosì e non ebbe il coraggio di commettere un simile delitto; mise di nascosto i piccoli in una cesta di vimini e li affidò alla corrente del Tevere nella speranza che qualcuno li trovasse e si prendesse cura di loro.

La cesta si arenò in una secca, i due gemelli piangevano e il loro pianto giunse alle orecchie di una Lupa che era scesa al fiume per abbeverarsi nei pressi del Colle Palatino che udì il vagito dei bimbi, li portò a riva, li riscaldò, provvide a portare la cesta nella sua tana sotto un albero di fico (Fico ruminale) e a svezzarli con il suo latte.

Passò da quel luogo un pastore di nome Faustolo che impietosito, decise di portarsi a casa da sua moglie gli infanti. Qui i gemelli trovarono finalmente una mamma umana, Acca Larenzia, che li crebbe come fossero stati i figli che lei non aveva potuto avere.

Il Fico ruminale, Marte, Rea Silvia, la Lupa e i Gemelli, il pastore Faustolo

Romolo e Remo crebbero tra i pastori e si distinsero per forza e coraggio (erano pur sempre figli di Marte, il dio della guerra). Divenuti adulti, i gemelli vennero a conoscenza della loro origine. Così si recarono ad Albalonga, uccisero lo zio Amulio, restituirono il trono al nonno Numitore e liberarono la madre che era stata imprigionata per tutti quegli anni.


21 Aprile del 753 a.C.

A questo punto i due fratelli decisero di tributarsi il giusto onore fondando una nuova città nel luogo del loro ritrovamento, ma nacquero anche i primi disaccordi per la supremazia. Romolo voleva chiamarla Roma, Remo invece Remuria, entrambi ispirandosi ai rispettivi nomi. Non riuscirono nemmeno a mettersi d'accordo sul luogo: Romolo voleva costruirla sul Colle Palatino, mentre Remo preferiva il Colle Aventino.

È lo stesso Tito Livio che riferisce quanto accadde:
« Siccome erano gemelli e il rispetto per la primogenitura non poteva funzionare come criterio elettivo, toccava agli dei che proteggevano quei luoghi indicare, interrogati mediante aruspici, chi avrebbe dato il nome alla città e chi vi avrebbe regnato. Per interpretare i segni augurali, Romolo scelse il Palatino e Remo l'Aventino. Il primo presagio, sei avvoltoi, si dice toccò a Remo. Dal momento che a Romolo ne erano apparsi dodici quando ormai il presagio era stato annunciato, i rispettivi gruppi avevano proclamato re entrambi. Gli uni sostenevano di aver diritto al potere in base alla priorità nel tempo, gli altri in base al numero degli uccelli visti. Ne nacque una discussione e dallo scontro a parole si passò al sangue: Remo, colpito nella mischia, cadde a terra. È più nota la versione secondo la quale Remo, per prendere in giro il fratello, avrebbe scavalcato le mura appena erette [più probabilmente il pomerium, il solco sacro] e quindi Romolo, al colmo dell'ira, l'avrebbe ucciso aggiungendo queste parole di sfida: «Così, d'ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura». In questo modo Romolo s'impossessò del potere e la città prese il nome del suo fondatore. »
(Livio, I, 7 – traduzione di G. Reverdito)

Quindi secondo Livio i gemelli si affidarono al responso degli dei i quali stabilirono che la scelta sarebbe toccata a chi avesse visto, in un certo tempo e in uno spazio definito di cielo, il maggior numero di uccelli.

Trovato il nome occorreva fissare il quadrato delle mura: Romolo ebbe la visione premonitrice di dodici avvoltoi roteanti sul suo capo (mentendo al fratello che ne vide appena sei). Questo gli diede il diritto di tracciare il solco con l'aratro e giurare davanti agli dei che nessuno lo avrebbe mai oltrepassato senza il suo permesso. Tale opera corrispondeva ad un rito sacro, ciò avveniva, come sappiamo, anche presso gli Etruschi.

Dissidio tra Romolo e Remo


Era il 21 aprile dell'anno 753 a. C. quando Romolo iniziò a tracciare il solco per individuare le mura della nuova città. Remo però lo prendeva in giro e lo infastidiva e  per sfida osò attraversarlo; per questo motivo venne ucciso da Romolo, secondo il giuramento.

Portato a termine il lavoro, Romolo divenne il primo Re di Roma.

Roma quadrata fondata da Romolo


Gli studi degli storici moderni

Gli storici moderni si sono a lungo interrogati sulle origini di Roma. Sono stati condotti studi approfonditi e numerose le ricerche archeologiche.


  • Alcuni di questi studiosi pensano che il mito di Romolo e Remo sia solo una favola e che la città sia nata dall’unione dei molti villaggi presenti sui Sette Colli che ad un certo punto si sono riuniti, all’interno di un’unica cerchia di mura.
  • Altri invece pensano il contrario, cioè che la fondazione di Roma sia realmente avvenuta e che il Mito sia confermato dall’archeologia. A questo proposito leggiamo cosa scrive Andrea Carandini Professore emerito di Archeologia e Storia dell’arte greca e romana dell’Università di Roma: «Io sono un archeologo, cioè uno storico che si avvale prima di tutto delle cose fatte dall’uomo e di ciò che di esse è rimasto nel terreno. Ho avuto la fortuna di scavare per tanti anni nei luoghi citati dalla leggenda, dove Roma sarebbe stata fondata e dove avrebbero vissuto i primi re. Ho raccolto in questi scavi tante testimonianze materiali, esterne alla tradizione letteraria, eppure risalenti a quei tempi lontani e che richiamano quegli eventi e le azioni di quei leggendari personaggi. Ecco perché non credo che la leggenda sulle origini di Roma sia una favola ma piuttosto una tradizione in cui verità e finzione sono entrambe presenti e intimamente mescolate

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