Materiale di Storia per le Classi Quinte - Scuola Primaria
Un giorno, un
contadino di Tarquinia, mentre era
intento ad arare la terra, nei pressi del fiume Marta, vide uscire un bambino da uno dei solchi tracciati. Gli
sembrò quasi di vedere una zolla sollevarsi dal solco e assumere le sembianze del
fanciullo. Chiamò quel fanciullo Tagete.
Il bambino era
dotato di grande saggezza e di virtù profetiche. Aveva i capelli bianchi la
pelle chiarissima e gli occhi rossi (era perciò un “albino”).
Tagete,
considerato ora profeta e saggio, ora divinità, era apparso per insegnare agli
etruschi l'arte della divinazione (manzia) e della giusta interpretazione
del volere degli dei.
Ad ascoltare le
sue parole giunse una moltitudine di persone da ogni parte dell'Etruria. Da lui
sarebbe quindi nata anche la religione
etrusca.
Visse soltanto
il tempo necessario per insegnare agli Etruschi,
accorsi sul luogo dove era nato, l’arte di predire il futuro. Scomparve poche ore dopo la sua miracolosa
apparizione.
Dalle parole di Tagete nacquero tutte le forme di divinazione
praticate dagli etruschi, in particolare la divinazione aruspicina delle viscere (fegato soprattutto) degli
animali sacrificati.
Si narra anche
che Tarconte, fratello (o forse figlio)
di Tirreno, il re ed eroe del popolo
etrusco a cui ha dato il nome, raccolse le rivelazioni di Tagete.
Tarconte trascrisse
e raggruppò queste norme in tre serie di testi, detti appunto Libri Tagetici, opere tra le più sacre
della cultura e della religione etrusca. Essi contenevano norme e indicazioni
per la comprensione della volontà divina e il corrispondente giusto
comportamento da mantenere.
Le tre serie dei
libri tagetici erano: gli Aruspicini,
i Fulgurali e i Rituali. Questi ultimi comprendevano anche i Libri Acherontici che costituirono le fonti ufficiali e che misero
in luce i due punti essenziali della religione etrusca:
·
l’importanza della divinazione che permetteva di
interpretare la volontà degli dei,
·
la necessità di istituire un preciso rituale per
ogni circostanza della vita sia pubblica che privata.
A ciò erano
preposti i sacerdoti, una casta privilegiata che si trasmetteva la carica di
padre in figlio, ed erano divisi in due categorie: Aruspici ed Auguri.
Il tutto ci
viene raccontato da Cicerone (Cic. de Div. 2.23), e pure da poeti,
tra i quali Ovidio (Ov. M. 15, 558).
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