Materiale di Storia per le Classi Quinte - Scuola Primaria
Jacques-Louis David - Il giuramento degli Orazi - dipinto su tela (330x425 cm), 1784 - Parigi, Musée du Louvre . |
"Al tempo del terzo Re di Roma,
Tulio Ostilio, i Romani erano in guerra con gli Albani.
Ora avvenne che nei due eserciti
nemici si trovarono da ciascuna parte tre fratelli gemelli, eguali di forza e
di età. Gli uni si chiamavano Orazi e gli altri Curiazi: e benché questo evento
sia quasi il più famoso tra le cose antiche, tuttavia non si sa chiaramente
quali furono i Romani e quali gli Albani. Ma i più credono che gli Orazi
fossero i Romani; ed io mi accordo con costoro. I Re trattarono con questi
fratelli, che ciascuno combattesse per il suo paese. Si convenne che dovesse
spettare il predominio a quel popolo i guerrieri del quale avessero riportato
vittoria in quel combattimento.
Dopo di che i tre Orazi e i tre
Curiazi impugnarono le armi. Ognuno dei due eserciti cercava di animare i
propri campioni, dando loro: «Gli Dei nostri, la patria, i genitori, tutto è
ora affidato alle vostre armi, al vostro valore». Incitati da queste grida, i
combattenti avanzavano fieri nello spazio che divideva i due eserciti.
Le trombe suonarono: i sei
giovani mossero gli uni contro gì altri, con le armi in resta, come usano fare
gli eserciti schierati per la battaglia, preoccupati non per il proprio
pericolo, ma per il pensiero che da essi dipendeva la sorte della loro patria.
Al primo cozzo, appena si videro
lampeggiare le spade sguainati gli spettatori, presi da un'ansia terribile,
stavano col fiato sospeso! in gran silenzio. Poi, mentre l'attenzione generale
era attratta non più soltanto dai movimenti dei combattenti e dall'incrociarsi
confusi dei dardi e delle spade, ma anche dalle ferite e dal sangue, due dei
Romani caddero morti l'uno sull'altro, dopo però che tutti e tre gli Albani
erano stati feriti. Nel vederli cadere l'esercito albano mandò grida di gioia,
mentre le legioni romane, perduta ogni speranza, erano trepidanti per la sorte
di quel loro unico superstite guerriero attorniato dai tre Curiazi.
Per fortuna costui era affatto
illeso, in modo che, se non poteva' tener testa da solo ai tre avversari, era
però in condizioni vantaggiosa in confronto a ciascuno di loro. Perciò, per
poterli affrontare ad uno ad uno, si mise a fuggire, pensando che ciascuno lo
avrebbe inseguito con quella velocità che le sue ferite gli consentivano. E
già) correndo si era allontanato un bel po' dal luogo dove si era svolta la
lotta, quando, voltatosi indietro, vide che i tre nemici nell'inseguirlo
s'erano discostati assai l'uno dall'altro: uno solo era poco lontano da lui.
Ritornò contro questo con grande impeto, lo uccise, e poi si lanciò contro il
secondo.
In tale momento furono invece i
Romani che, con alte grida, incoraggiarono il proprio guerriero, il quale si
affrettò a condurre a termine il secondo scontro; e, prima che il terzo dei
Curiazi, di poco lontano potesse raggiungerlo, il secondo era già bell'e morto.
Ormai restavano uno degli Orazi
contro uno dei Curiazi: ma l’uno illeso e rianimato dalla doppia vittoria;
l'altro ferito, sfinito di fori avvilito dall'uccisione dei due fratelli. Non
ci fu un vero combattimento. Il Romano con tono d'esultanza: «Ho ucciso »
esclamò «due fratelli; ora ucciderò il terzo, per modo che Roma comandi su
Alba». E al nemico che a stento reggeva le armi, infisse la spada nella gola,
in mezzo alle entusiastiche acclamazioni dei suoi concittadini."
Da T. LIVIO
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