giovedì 28 gennaio 2016

Antica Roma - ROMOLO


Materiale di Storia per le Classi Quinte - Scuola Primaria

ROMOLO:LE PRIME LEGGI E LE PRIME ISTITUZIONI DELLO STATO ROMANO

Dopo la fondazione della città, Romolo ne divenne il primo Re. 
  • ASYLUM: per popolare Roma, Romolo chiamò ladri, malfattori, schiavi e gente di ogni tipo presso l’Asylum sul colle Campidoglio, promettendo a tutti la libertà e la cittadinanza romana. Da questo deriva la parola italiana ASILO  = luogo di protezione. 
  • SABINI: Romolo strinse un patto di alleanza con i sabini guidati dal Re Tito Tazio. Anche questa alleanza venne trasformata in un episodio leggendario, "il ratto delle sabine", ma al di là della leggenda è probabile che l'alleanza tra i due popoli avvesisse in funzione anti-etrusca. 
  • DUE RE: Con l’alleanza con i sabini per un periodo Roma fu governata da due Re Romolo e Tito Tazio che però morì molto presto, forse in un’imboscata e lasciò Romolo unico monarca della nuova città. 
  • TRIBÙ: Romolo divise la città in tre “tribù” che rispecchiavano l’origine multietnica del popolo:  Ramnes, formata dai Latini,Tities, formata dai Sabini,Luceres, formata dagli Etruschi.
  • Ognuna delle tribù fu divisa in dieci “curie”, che si riunivano in assemblee, i “comizi curiati”, dove venivano prese, a maggioranza le più importanti decisioni sulla vita dei cittadini (politica). 
  • FORO: il Foro ( = piazza) era il luogo dove si riunivano le assemblee, una pianura alla base del Campidoglio che era stata prosciugata dalla acque malsane.
  • SENATO: Romolo istituì il consiglio degli anziani, il Senato (da senex = anziano), che collaborava con il Re nel governo e che era responsabile della sua elezione, di circa 200 membri. Questo organo era formato dai capi delle famiglie più importanti i quali venivano chiamati “Patres” dal cui discende il nome di “Patrizi”. 
  • PATRIZI E PLEBEI: Romolo divise Roma in due classi sociali, i “patrizi” (aristocrazia), i discendenti delle famiglie più importanti, ed i “plebei” (popolo), che rappresentavano la “moltitudine”, cioè tutti coloro che non erano nobili; contadini, artigiani, mercanti. Erano essi uomini liberi ma con pochi diritti politici. 
  • CLIENTES: I plebei spesso offrivano fedeltà e lavoro ad un patrizio, in cambio di protezione e aiuto economico e ne diventavano CLIENTES. 
  • ESERCITO: Romolo istituì l’esercito Romano. Ogni curia doveva contribuire, fornendo una “centuria” di fanti (100) e una “decuria” di cavalieri (10); l’esercito era quindi formato inizialmente da 3000 fanti e 300 cavalieri. La legione così formata era sotto il comando (imperium) dei Re.
Romolo scomparve nel nulla durante un’eclissi di sole accompagnata da un temporale. Questo episodio venne interpretato come divino e confermava la discendenza del re dal Dio Marte. Questa interpretazione venne confermata dal patrizio Giulio Proculo, amico fedele del Re. Romolo, al momento della scomparsa, aveva 55 anni ed aveva governato per 37 anni.



LETTURE
Come Romolo accrebbe la popolazione di Roma.


L’ASYLUM
 « Romolo fu un re guerriero, e guerriero fu il carattere di tutto il suo regno, com'è naturale. Rea Silvia, sua madre, aveva detto, come sapete, ch'egli era figliuolo di Marte, e Marte è il dio della guerra. Un figliuolo del dio della guerra doveva necessariamente essere guerriero.
Che cosa fece Romolo per popolare la sua città? Fece una cosa che oggi per verità non si potrebbe troppo lodare come buona; ma allora non ci si badava tanto per il sottile, perché gli uomini erano un po’ barbari e feroci. Romolo dunque aprì una specie di asilo, che chiunque vi fosse andato sarebbe stato ricevuto come cittadino della nuova città.
Accorsero naturalmente malfattori e fuggiaschi d'ogni mania dai luoghi vicini. Così la città si popolò.

GIUSEPPE CHIARINI.
Scrittore, poeta e critico (1833-1908)

CAMPIDOGLIO. - Uno dei sette colli di Roma, suddiviso in due sommità. Sulla prima fu stabilita l'acropoli della città, detta arx Capitolina, sull'altra sorgeva il tempio di Giove Ottimo Massimo adorato in unione con Giunone e Minerva. La valletta intermedia, l'odierna piazza del Campidoglio, era chiamata asylum .

Enciclopedia Italiana (1930)



IL RATTO DELLE SABINE
Mancavano però le donne. I Romani ne cercarono nelle altre città del Lazio; ma nessuno voleva imparentarsi con loro.
Romolo allora ricorse a un'astuzia: bandì che nella valle Murcia, quella che divide il Palatino dall'Aventino, si sarebbero in un certo giorno fatti certi giuochi, e invitò i popoli vicini ad accorrere con le loro donne, promettendo che non sarebbe fatto male a nessuno.
Accorsero una gran quantità di Sabini: ma mentre erano intenti ai giuochi, i giovani romani, a un cenno di Romolo, si gettarono sulla ragazze e le portarono via. Questo fatto si chiamò poi nella storia il ratto (cioè, rapimento) delle Sabine.
I Sabini, com'è facile immaginare, non sopportarono in pace l'offesa. Nacque perciò fra essi e i Romani una guerra, che fu poi pacificata dalle donne sabine divenute mogli dei Romani, e madri dei loro figliuoli. Fatta la pace, i due popoli si unirono insieme; e siccome i Sabini venivano, dalla città di Curi, i due popoli uniti, oltre il nome di popolo romano, ebbero anche quello di Quiriti, che poi rimase loro per sempre».
GIUSEPPE CHIARINI.
Scrittore, poeta e critico (1833-1908)

La scomparsa di Romolo

« Accresciuta in questo modo la città, Romolo la governò saviamente: scelse cento uomini fra i più vecchi e prudenti, dei quali formò il suo Consiglio, che chiamò Senato; e scelse fra i giovani tremila uomini, che formarono l'esercito a piedi, e trecento a cavallo, che formarono la cavalleria.
Romolo fu molto amato dal suo popolo, che lo chiamò padre.
Un giorno, mentre egli aveva radunato il popolo ad una cerimonia, scoppiò un terribile uragano: quando cessò, Romolo era scomparso. Il come e il perché di questa scomparsa non si sa bene: gli scrittori antichi che la raccontavano si contentavano di fare attorno ad essa delle congetture».          
GIUSEPPE CHIARINI.
Scrittore, poeta e critico (1833-1908)

Predizione della futura grandezza di Roma.
Mentre tutta Roma era in ansia per la scomparsa di Romolo, Giulio Procolo entrò arditamente nel Parlamento e disse: « O Quiriti, Romolo, padre di questa città, sul fare del giorno scese improvvisamente dal cielo, mi apparve davanti, e mentre io spaventato lo guardavo con riverenza, così mi parlò: Va’ a dire ai Romani che gli Dei vogliono che la mia Roma sia capo di tutto il mondo, e perciò si mettano all'opera e attendano all’arte militare e sappiano essi e i loro discendenti che nessuna umana potenza potrà resistere alle armi romane. Pronunciate queste profetiche parole Romolo ritornò in cielo ».
T. LIVIO.



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